Neurodivergenza - Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD)
L’ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività) è una condizione neurobiologica dello sviluppo che rientra nel più ampio concetto di neurodivergenza: un termine che descrive le differenze nel funzionamento cerebrale rispetto alla media neurotipica, senza considerarle automaticamente patologiche.
Chi ha l’ADHD presenta uno stile cognitivo e comportamentale atipico, caratterizzato da:
- Difficoltà nell’attenzione sostenuta e nella concentrazione (distrazione facile, fatica a seguire istruzioni complesse, disorganizzazione);
- Impulsività (difficoltà ad aspettare il proprio turno, agire prima di pensare, interruzione degli altri);
- Iperattività (agitazione motoria, bisogno di muoversi, irrequietezza interna, soprattutto nei bambini).
Nei bambini
L’ADHD può manifestarsi con comportamenti molto visibili (correre, parlare continuamente, distrarsi facilmente) oppure più silenziosi, come nel sottotipo disattento ("con la testa tra le nuvole"). Spesso questi bambini faticano a rispettare le regole scolastiche, hanno difficoltà nei compiti, o vengono etichettati come "svogliati" o "disobbedienti", mentre in realtà stanno affrontando una sfida neurocognitiva.
Negli adulti
L’ADHD persiste spesso anche in età adulta, ma si esprime in modo diverso: difficoltà nella gestione del tempo, disorganizzazione, dimenticanze frequenti, iperfocalizzazione su alcune attività, difficoltà a portare a termine i progetti, impulsività relazionale o lavorativa. Molti adulti arrivano a una diagnosi solo dopo anni di fatica, sensi di colpa o vissuti di inadeguatezza.
ADHD come neurodivergenza
Riconoscere l’ADHD come forma di neurodiversità significa valorizzare una visione non stigmatizzante della condizione: non si tratta solo di un disturbo da correggere, ma di un modo diverso di funzionare, con punti di forza (creatività, energia, pensiero non lineare) e aree di vulnerabilità (regolazione emotiva, attenzione, organizzazione).
Un approccio efficace – sia educativo che terapeutico – richiede adattamenti ambientali, strategie di autoregolazione e supporti concreti, non solo farmacologici ma anche psicoeducativi, relazionali e cognitivi.